Mappare i nuovi creatori di notizie

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Come i social media stanno ridisegnando l’informazione globale. Il panorama dell’informazione globale è oggi attraversato da una trasformazione strutturale: sui social e sulle piattaforme video è emersa una nuova generazione di “creatori di notizie” che, in molti Paesi, riesce ad attirare più attenzione delle testate giornalistiche tradizionali. Un approfondimento dagli ultimi Reuters News Report indaga, nei quattro continenti, l’ascesa delle news “social”. L’approccio globale, pur non rappresentativo del contesto italiano – escluso dal campione – tenta una mappatura comparata, fornendo definizioni e categorie di un fenomeno di crescente interesse.

Secondo il nuovo rapporto Mapping News Creators and Influencers in Social and Video Networks – appena pubblicato dal Reuters Institute e basato sulle evidenze del Digital News Report 2024–2025 (con specifiche metodologie di analisi, v. nota in fondo) – personalità e influencer informativi sono ormai una componente stabile dell’ecosistema mediatico, capaci di raggiungere pubblici giovani e di costruire narrazioni alternative rispetto ai media tradizionali (“legacy”). Il fenomeno pone interrogativi cruciali sulla qualità dell’informazione, sulla fiducia e sulla trasparenza delle fonti.

Una nuova tipologia di produttori di notizie (news creators). Le piattaforme social e video — da YouTube a TikTok, da X (ex Twitter) a Instagram — hanno abbattuto le barriere d’ingresso alla produzione di contenuti: grazie a strumenti di creazione accessibili e modelli di monetizzazione sempre più diffusi, chiunque può costruire un pubblico globale. Accanto alle redazioni tradizionali, oggi operano diverse tipologie di attori, che il rapporto categorizza in tre gruppi principali: giornalisti indipendenti o ex mainstream, che scelgono di lavorare autonomamente per maggiore libertà o profitto; influencer e creatori nativi digitali, spesso giovani, specializzati in temi di attualità; politici e attivisti, che usano i social per bypassare la mediazione giornalistica e comunicare direttamente con l’elettorato. La tipologia condivisa dei news creators (24 Paesi, circa 40.000 individui o brand unici individuati) è basata principalmente sul contenuto prodotto e sul livello di impatto nel dibattito pubblico.

Due grandi aree: “News” e “News-Adjacent”. Il Reuters Institute distingue due macro-categorie:“News”, che include chi tratta temi di attualità classici — politica, conflitti, economia, società; “News-adjacent content”, cioè contenuti ai margini dell’informazione tradizionale (intrattenimento, cultura pop, religione, gaming), spesso con formati più leggeri o ironici. All’interno di queste due aree, il rapporto individua otto sottotipologie che rappresentano il ventaglio delle pratiche di informazione online:

a. News

  • Commentary – Talk show politici e opinionisti online, spesso di orientamento dichiarato e con linguaggio diretto e polarizzante.
  • News/Investigation – Giornalisti indipendenti e citizen reporters che producono inchieste o documentano eventi ignorati dai media mainstream.
  • Explanation – Creatori che spiegano la complessità dell’attualità in modo accessibile, rivolgendosi ai più giovani.
  • Specialism – Professionisti che operano in nicchie tematiche (tecnologia, diritto, sport, finanza), spesso ex giornalisti mainstream come Taylor Lorenz o Fabrizio Romano.

b. News-Adjacent

  • Satire and Comedy – Format comici o parodici che trattano la politica con ironia.
  • Infotainment – Podcast e show ibridi tra intrattenimento e attualità.
  • Gaming and Music – Creator del mondo videoludico o musicale che occasionalmente entrano nel dibattito pubblico.
  • Lifestyle – Influencer di moda, religione o cultura pop che diventano opinion leader su temi sociali.

Il confine tra le categorie è fluido: molti creator alternano spiegazioni, satira o analisi, rispondendo in modo flessibile ai cambiamenti dell’audience e agli algoritmi delle piattaforme.

Le principali evidenze dell’analisi sono cinque, centrali per delineare la portata e la natura del fenomeno:

  1. Grandi differenze geografiche. In mercati come Brasile, Messico, Indonesia, Filippine, Thailandia e Stati Uniti, i creator ricevono più attenzione delle testate tradizionali. In Europa settentrionale e in Giappone, invece, i brand giornalistici restano dominanti. Le cause includono il diverso livello di penetrazione dei social, la solidità del sistema mediatico e fattori culturali legati alla fiducia nelle istituzioni.
  2. Pochi “grandi nomi” e una lunga coda di micro-creatori. Solo pochi creator raggiungono un pubblico di milioni di utenti, ma la maggior parte appartiene a una long tail di figure di nicchia che servono comunità specifiche. Questi piccoli creatori, pur con pubblico limitato, generano spesso fiducia e senso di appartenenza più forti di quelli delle testate mainstream.
  3. Un fenomeno prevalentemente nazionale, ma con eccezioni globali. La maggioranza dei creator è seguita a livello domestico, ma l’ecosistema anglofono favorisce la circolazione di voci internazionali. Opinionisti statunitensi di destra, come Ben Shapiro o Tucker Carlson, influenzano i dibattiti anche in Canada, Australia e in parte dell’Europa.
  4. Genere e generazioni. L’85% dei creator più citati nei 24 Paesi è composto da uomini, in particolare nel commento politico. Le donne prevalgono nei segmenti lifestyle o infotainment. L’età è un ulteriore fattore discriminante: gli under 35 mostrano maggiore fiducia e interesse per i creator (48%) rispetto ai media tradizionali (41%), mentre gli over 35 restano più legati ai giornalisti professionisti.
  5. YouTube è la piattaforma chiave.
    YouTube emerge come il principale hub informativo globale per i creator, seguito da TikTok e Instagram per il pubblico giovane. Facebook mantiene un ruolo in Asia e Africa, mentre X resta centrale per la politica e il giornalismo. Le piattaforme video consentono una comunicazione diretta e visiva, ma amplificano anche rischi di disinformazione e mancanza di verifica editoriale.

La due categori di news e news adjacent creators spesso non sono così nette e definite, ma emergon alcune cossiderazioni di imaptto, che meritano attenzione, come risulta da questa tabella pubblicata in chiusura del rapporto (p.81).

Le principali raccomandazioni proposte nel rapporto riprendono alcune priorità note, insieme a nuove linee di azione:

  • Rafforzare l’alfabetizzazione mediatica digitale, specialmente per le nuove generazioni, con programmi educativi che aiutino i cittadini a valutare l’affidabilità delle fonti e a riconoscere contenuti manipolatori.
  • Favorire la trasparenza algoritmica: è urgente promuovere standard minimi di chiarezza sugli algoritmi di raccomandazione e sulle politiche di moderazione.
  • Monitorare l’impatto politico e informativo dei creator, per comprendere come le nuove forme di produzione di notizie influenzino il dibattito pubblico e la fiducia nelle istituzioni.
  • Incentivare la collaborazione tra media e creator: le redazioni possono trarre beneficio da partnership con creatori affidabili per raggiungere pubblici giovani e diversificati, purché accompagnate da linee guida etiche e di verifica.

In conclusione, il rapporto del Reuters Institute mostra come la produzione e la circolazione delle notizie si stiano spostando verso un ecosistema ibrido, dove giornalisti, influencer e cittadini competono per attenzione e credibilità.
Per i policy maker, la sfida è insieme regolatoria e culturale: comprendere e governare il nuovo spazio dell’informazione senza ostacolare la creatività e la pluralità che lo caratterizzano.
Per l’industria dei media e gli editori, la posta in gioco è saper accompagnare questa ibridazione mantenendo autorevolezza, affidabilità e responsabilità professionale.


Nota metodologica

Il rapporto si basa sulle indagini Reuters Institute Digital News Report 2024 e 2025, che hanno raccolto circa 2.000 interviste per Paese in 24 mercati rappresentativi di tutti i continenti.
Ai partecipanti che usano social e piattaforme video per informarsi è stato chiesto di indicare — in risposta aperta — i marchi o i creator cui prestano maggiore attenzione: ne sono stati individuati circa 40.000 (tra individui e brand). I dati, pur non statisticamente rappresentativi in senso stretto – soprattutto in paesi come India, Kenya e Nigeria, dove i sondaggi online coprono solo giovani anglofoni – permettono di mappare tendenze e tipologie emergenti. La metodologia, a risposta aperta e centrata sul pubblico, registra ciò che gli utenti percepiscono come fonti di notizie, anche quando non rispondono a definizioni accademiche o professionali.

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