UE: sostegno a economia e imprese, intervento del Ministro Amendola

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Nella seduta di giovedì 9 aprile 2020, il Ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola ha risposto a un’interpellanza proponendo una navigazione cronologica e puntuale delle misure approntate (alle prime abbiamo già accennato precedentemente) in ambito UE e la posizione dell’Italia soprattutto relativamente alle più controverse (es. Coronabond). Si tratta di uno “stato dell’arte” prima degli esiti della riunione dell’Eurogruppo, aggiornata più volte, deputata a fornire proposte in vista del prossimo Consiglio UE previsto per la fine di aprile. Riportiamo il testo integrale dell’intervento indicizzato per argomenti e per la parte relativa agli interventi a favore di imprese, lavoro, liquidità.

“Superata la fase iniziale, dopo un po’ di scetticismo da parte di alcuni, che probabilmente non hanno avuto la percezione esatta della dimensione e della tragicità della crisi, il 10 marzo scorso i Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea hanno chiesto alle istituzioni europee di intervenire rapidamente, non solo in relazione agli aspetti sanitari ma anche a quelli delle ricadute socio-economiche. Da quel momento, a partire dal 13 marzo, si sono succedute numerose misure ed iniziative, e vorrei ricapitolare con lei solo le principali.

Commissione: mobilitazione dei fondi strutturali. La Commissione il 13 marzo ha adottato la comunicazione relativa alla risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19: tra le altre cose è stata avviata la sorveglianza per evitare blocchi nel movimento di articoli medicali e istituito il CRII (Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus), con risorse pari a 37 miliardi di euro. Si sono così promossi investimenti attraverso la mobilizzazione delle risorse di liquidità disponibili all’interno dei fondi strutturali e di investimento europei. Successivamente, ad inizio aprile la Commissione ha deciso di concedere una completa flessibilità dei fondi strutturali. L’iniziativa include l’anticipazione dei pagamenti, il riorientamento dei fondi di coesione e l’assistenza agli Stati membri nel convogliare i fondi dove sono più necessari il più rapidamente possibile. Questo consente immediata liquidità ai bilanci degli Stati membri: per l’Italia ciò significa la possibilità di anticipare l’impiego dei 37 miliardi ancora disponibili nell’attuale bilancio 2014-2020 sul Fondo europeo sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo, che le regioni e alcuni Ministeri dovranno spendere entro il 2023. La Commissione consentirà l’ammissibilità di tutte le spese connesse alla crisi, applicando la massima flessibilità sulle norme. Questo significa che tutte le risorse potranno essere riassegnate per sanità, sostegno alle piccole e medie imprese e al mercato del lavoro, senza bisogno di cofinanziamento nazionale e in qualsiasi parte del territorio nazionale.

Commissione, fondo europeo di solidarietà. Sempre il 13 marzo la Commissione ha deciso l’attivazione del Fondo europeo di solidarietà per l’emergenza pandemica per il finanziamento d’emergenza per Stati membri e Paesi candidati. Il 16 marzo ha riallocato 1 miliardo come garanzia del Fondo europeo di investimento per favorire il credito delle banche alle piccole e medie imprese.

Commissione, quadro temporaneo per gli aiuti di stato. Il 19 marzo ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato che, oltre a consentire gli interventi ex articolo 107.2 del Trattato per la compensazione del danno, elevando il limite de minimis ad 800 mila euro, ha definito un quadro temporaneo in base all’articolo 107.3 che consente di intervenire a garanzia della liquidità delle imprese, soprattutto le piccole e medie. Si tratta di innovazioni ad hoc, che espandono notevolmente il perimetro degli interventi statali, come chiesto per prima dall’Italia. Il Temporary Framework è stato poi ulteriormente ampliato dalla Commissione lo scorso 3 aprile. Peraltro, come sapete, la Commissione sta autorizzando i regimi di aiuti notificati agli Stati membri praticamente a vista.

Commissione, sospensione del Patto di stabilità e crescita. La Commissione ha proposto all’Ecofin, che l’ha approvata il 23 marzo, la General Escape Clause, che sospende il percorso di aggiustamento di bilancio, derogando dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Si tratta di un’iniziativa fondamentale, che consente agli Stati membri di disporre di uno spazio di manovra rilevante per agire anche a livello nazionale. Il 24 marzo la Commissione ha sospeso i termini delle procedure di infrazione fino al 15 giugno 2020.

Commissione, SURE. Il 2 aprile, sulla base dell’articolo 122.2 del Trattato sul funzionamento, ha adottato la proposta relativa allo strumento Sure: si tratta di un fondo europeo di sostegno a strumenti nazionali per la lotta alla disoccupazione, che dovrebbe essere finanziato con l’emissione di titoli di debito da parte della Commissione fino a 100 miliardi, con una garanzia del 25 per cento messa dagli Stati membri a fronte della scarsa disponibilità del bilancio europeo a fine ciclo settennale. In base ai suoi criteri il regolamento, una volta formalmente adottato, consentirà alla Commissione di raccogliere risorse sui mercati, emettendo bond con tripla A, quindi a tassi bassissimi, vantaggio che verrà utilizzato dagli Stati membri.

BCE, PEPP. La Banca centrale europea già il 18 marzo ha, da parte sua, ha avviato il PEPP, Pandemic Emergency Purchase Programme, un programma di acquisto straordinario di titoli per un ammontare supplementare di 750 miliardi di euro, eliminando anche i limiti di acquisto di titoli per ogni Paese emettente, portando complessivamente la capacità di intervento oltre i 1.100 miliardi di euro. L’iniziativa comporta l’acquisto temporaneo di titoli del settore pubblico e privato, per contrastare i gravi rischi della pandemia per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e le prospettive per l’area dell’euro. Si tratta in particolare di tre tipi di azioni: acquisti di titoli del settore pubblico; ampliamento della gamma di attività idonee nel quadro del programma di acquisto del settore aziendale sui non-financial commercial paper; e una misura che tutela anche le grandi aziende, con l’allargamento del campo di applicazione degli Additional Credit Claims. La BCE ha già comprato 30,2 miliardi di euro di bond nei primi giorni di attivazione di questo programma. Il ruolo di tali interventi per contenere lo spread, oltre ad altri indici, inseriti nel contesto di diffusione globale della pandemia a marzo, sono analizzati nell’ ultima congiuntura flash del Centro Studi Confindustria.

BEI, finanziamenti alle PMI. La Banca europea per gli investimenti ha adottato il 16 marzo un piano per attivare fino a più di 40 miliardi di finanziamenti destinati alle piccole e medie imprese, per alleviarne la crisi di liquidità anche in collaborazione con le banche nazionali, mediante prestiti ponte utili alla sospensione dei rimborsi di credito veicolati attraverso il Fondo europeo per gli investimenti. Il pacchetto di finanziamento proposto dalla BEI comprende: schemi di garanzia dedicati alle banche basati sui programmi già esistenti, mobilitando fino a 20 miliardi di euro di finanziamento; 10 miliardi di euro di linee di liquidità integrative dedicate alle banche per garantire un ulteriore sostegno al capitale circolante per le piccole e medie imprese e le società a media capitalizzazione; e programmi di acquisto di titoli garantiti da attività per consentire alle banche di trasferire il rischio sul portafoglio di prestiti alle piccole e medie imprese, mobilitando un ulteriore sostegno di 10 miliardi di euro. In accordo con la Commissione europea, e sempre attraverso la BEI, saranno messi in campo anche ulteriori strumenti di garanzia – come ad esempio InnovFin – per finanziare investimenti urgenti per il miglioramento delle infrastrutture sanitarie esistenti, per l’acquisto di nuove e per lo sviluppo di cure e vaccini contro il COVID-19. Saranno previsti anche finanziamenti diretti alle imprese per incentivare progetti di ricerca e innovazione di qualsiasi dimensione, sia all’interno dell’Unione che nei Paesi aderenti al programma Horizon 2020.

Primo passo verso una strategia complessiva. Ritengo sia giusto sottolineare come le misure adottate da Commissione europea, BCE e BEI abbiano creato le condizioni per alleviare almeno in parte una situazione che altrimenti sarebbe stata ben più drammatica. La deroga del Patto di stabilità ha garantito più ampi margini di azione per far fronte all’emergenza pandemica e alle sue conseguenze sulla salute pubblica e sul tessuto socio-economico. Il programma di acquisto di titoli da parte della BCE ha creato le condizioni per continuare a trovare sul mercato le risorse necessarie. Lo stesso importante provvedimento di sostegno a imprese e lavoratori deciso lunedì dal Governo, che stabilisce interventi in 400 miliardi, è stato possibile anche grazie all’apertura della Commissione europea sulla revisione del regime sugli aiuti di Stato.

È tuttavia indubbio come ciò rappresenti il primo passo verso una strategia complessiva che guardi a un orizzonte di medio e lungo periodo per porre ora le basi per minimizzare l’impatto socio-economico della crisi. Come Italia abbiamo ripetutamente sostenuto la necessità di un Recovery Plan europeo, come lo ha definito il commissario Gentiloni, capace di ricostruire e rinnovare il tessuto socio-economico del continente.

Questa nostra visione è stata ribadita con forza dal Presidente Conte in occasione del Consiglio europeo straordinario del 26 marzo, in cui ci siamo opposti a soluzioni al ribasso, insistendo sulla necessità di far prevalere una visione di lungo periodo. Nella dichiarazione comune del 26 marzo scorso, i ventisette Capi di Stato e di Governo non hanno trovato una posizione condivisa su questo punto e hanno dato mandato all’Eurogruppo del 7 aprile di lavorare su più possibili proposte.

I commissari Gentiloni e Breton hanno presentato, ad inizio di questa settimana, un’iniziativa per un fondo europeo per la rinascita espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine e con una governance che consenta di evitare ogni “moral hazard”. L’obiettivo sarebbe di mobilitare risorse per circa il 10 per cento del PIL europeo, pari a circa 1.500-1.600 miliardi di euro.

La cassetta di attrezzi per il prossimo Consiglio UE: revisione del MES, Fondo per la ripresa. Nonostante l’aggiornamento della riunione dell’Eurogruppo, abbiamo lavorato, si è lavorato e si continuerà a lavorare su un menu possibile di strumenti da proporre al prossimo Consiglio europeo, una cassetta di attrezzi più articolata composta in sostanza dai seguenti elementi. Oltre ai citati interventi della Bei (fondo paneuropeo di garanzia) e la proposta SURE della Commissione di sostegno all’occupazione, il terzo possibile strumento è il ricorso alla linea di credito precauzionale del Meccanismo europeo di stabilità. È uno strumento che sappiamo esiste dal 2012, pensato per crisi asimmetriche di natura finanziaria e, pertanto, per quanto riguarda il Governo, non adeguato alla crisi attuale. Nel negoziato si sta discutendo un cambiamento radicale della modalità di funzionamento con l’abbandono delle condizionalità.

Quarto, la costituzione di un “Fondo per la ripresa” finanziato attraverso l’emissione di titoli comuni e sulla base di contributi o garanzie dei Paesi membri che possa dispiegare risorse ingenti con una operatività di lungo periodo. Anche in questo caso, si sta negoziando sui dettagli tecnici e sulle modalità operative. È un passaggio delicato ma anche molto significativo nella storia dei negoziati europei che segnerebbe un cambiamento radicale nell’approccio verso la mutualizzazione del rischio di fronte alle crisi comuni. Una novità questo fondo per la ripresa che marcherebbe l’effettiva volontà dell’Unione di dotarsi di strumenti non solo efficaci ma anche genuinamente condivisi.

Quinto, il riorientamento del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 verso la ripresa post-COVID. La Presidente Ursula von der Leyen ha già indicato come ritenga opportuno che il prossimo bilancio sia una sorta di nuovo “Piano Marshall”.

Così conclude il Ministro: “Per giungere a una soluzione c’è una sola possibilità, cioè continuare il confronto e negoziare nell’Eurogruppo e nel prossimo Consiglio europeo con un obiettivo chiaro: va trovata una soluzione che sia adeguata alla sfida che l’Unione europea e l’Italia si trovano di fronte”.

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