Rapporto Draghi un anno dopo, la sfida per tecnologia e IA

Draghi VDL

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La sfida della competitività europea passa da: eliminazione della barriere alla crescita, con fondi alle start up e alla ricerca; semplificazione normativa (calibrando in particolare GDPR e AI Act); integrazione dell’IA nell’industria. L’intelligenza artificiale (AI) è spesso definita una tecnologia trasformativa, paragonabile all’impatto dell’elettricità di oltre un secolo fa. Tuttavia, la sua diffusione e il suo pieno potenziale dipendono dall’integrazione con altre quattro tecnologie chiave: cloud per la gestione dei dati, supercalcolo per l’elaborazione, cybersicurezza per la protezione dei settori sensibili e reti avanzate – come 5G, fibra e satelliti – per la trasmissione. Questa l’introduzione de”La relazione Draghi: un anno dopo”, per la parte relativa a tecnologia e IA presentata oggi a Bruxelles in una conferenza di alto livello. Se il rapporto dello scorso anno tracciava una strada, il nuovo contesto geopolitico induce ad accelerare le iniziative e ridurre la dipendenza della UE dall’estero .Negli ultimi anni l’Europa ha compiuto alcuni passi significativi. Sono in fase di sviluppo almeno cinque “gigafactory” di AI, ciascuna dotata di oltre 100.000 GPU avanzate; la capacità dei data center è destinata a triplicare entro il 2030; e riforme importanti delle telecomunicazioni sono attese entro la fine dell’anno. L’investimento di ASML in Mistral rappresenta inoltre un segnale incoraggiante per l’ecosistema europeo dell’IA. Nonostante questi progressi, ha proseguito Draghi, il divario con i principali concorrenti resta ampio. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondativi di AI, la Cina 15, mentre l’Unione Europea soltanto 3. Anche l’adozione tra le piccole e medie imprese è limitata, oscillando tra il 13% e il 21%. Ancora più preoccupante è il ritardo nello sviluppo di sistemi di AI basati su proprietà intellettuale europea, cruciali per garantire autonomia tecnologica e rafforzare le industrie strategiche del continente.

Per colmare questo gap, il rapporto individua tre aree prioritarie. La prima riguarda l’eliminazione delle barriere alla crescita delle nuove tecnologie. Ciò significa creare un vero “28º regime” europeo (nuovo quadro giuridico unico, armonizzato e opzionale applicabile in tutti gli Stati membri per ridurre oneri e burocrazia, previsto dalla “Bussola per la Competitività UE”)  che permetta alle imprese innovative di operare senza ostacoli in tutti gli Stati membri, come già avviene in altre grandi economie. Parallelamente, occorre rafforzare i fondi per le startup e concentrare le risorse della ricerca su programmi prioritari di grande portata, capaci di trasformare l’innovazione scientifica in applicazioni concrete.

La seconda è la regolamentazione. Le aziende europee chiedono una radicale semplificazione del GDPR, che oggi rappresenta un freno nell’utilizzo dei dati per l’addestramento dei modelli. La normativa, infatti, ha reso i dati circa il 20% più costosi per le imprese dell’UE rispetto alle concorrenti statunitensi. Anche l’AI Act, pur necessario, rischia di introdurre incertezze: la sua fase successiva, dedicata ai sistemi ad alto rischio, dovrà essere calibrata per non soffocare l’innovazione.

Infine, il rapporto sottolinea l’importanza dell’integrazione verticale dell’AI nell’industria. L’Europa vanta una posizione di leadership quali le soluzioni di automazione industriale. Tuttavia, solo il 10% delle imprese del settore ha adottato strumenti di intelligenza artificiale. Sfruttare questo vantaggio competitivo richiede una stretta collaborazione tra governi e aziende, con strategie mirate come la nuova iniziativa “Apply AI” della Commissione.

In sintesi, il futuro competitivo dell’Europa dipende dalla capacità di trasformare i propri punti di forza tecnologici in leadership industriale. Senza una rapida accelerazione, il rischio è che l’IA diventi un altro ambito in cui Stati Uniti e Cina dettano le regole, lasciando l’Europa a inseguire.

Link al testo integrale (traduzione italiana)

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