L’intelligenza artificiale di Meta è stata preinstallata su WhatsApp senza consenso. A rischio la concorrenza e la tutela dei dati personali. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti del gruppo Meta per presunto abuso di posizione dominante, in relazione all’integrazione dell’assistente virtuale MetaAI all’interno di WhatsApp. La decisione, formalizzata il 22 luglio 2025 e pubblicata il 30 (A576, testo del provvedimento), prende le mosse dall’introduzione automatica del servizio a partire da marzo, senza consenso preventivo degli utenti.
Secondo l’AGCM, Meta — forte della posizione dominante nel mercato della messaggistica — avrebbe sfruttato l’interfaccia già diffusa di WhatsApp per imporre il proprio servizio di intelligenza artificiale generativa, senza un’effettiva possibilità di scelta da parte dell’utente. L’integrazione prevede l’aggiunta di una funzione chiamata “Chiedi a MetaAI” direttamente nella barra di ricerca, e l’inserimento prominente di un’icona visibile, elementi che rendono il servizio immediatamente accessibile.

L’operazione è stata inquadrata giuridicamente come un caso di “tying”, ovvero la pratica con cui un’impresa dominante vincola l’accesso a un prodotto principale (WhatsApp) all’adozione forzata di un altro (MetaAI), potenzialmente pregiudicando la concorrenza nel mercato emergente degli assistenti AI. L’Autorità ritiene che questo meccanismo crei una barriera d’accesso insormontabile per i concorrenti, alterando la contendibilità del mercato.
Nel caso di specie, l’Autorità individua un nesso diretto tra la posizione dominante detenuta da Meta nel mercato delle app di messaggistica istantanea e il tentativo di estensione di tale potere al mercato emergente dei sistemi di intelligenza artificiale generativa. WhatsApp, forte di una penetrazione prossima alla totalità della popolazione digitale italiana, diventa il veicolo attraverso cui Meta disarticola ogni alternativa competitiva nell’ambito dei chatbot, imponendo la propria soluzione come opzione preinstallata, visibile, prioritaria.

Un aspetto cruciale riguarda la memoria progressiva del sistema: MetaAI conserva tracce delle interazioni, apprende lo stile dell’utente e personalizza le risposte, rendendo gli utenti progressivamente dipendenti dal servizio. La disponibilità esclusiva di dati relazionali e linguistici attraverso WhatsApp rappresenta un vantaggio competitivo che non è accessibile ad altri operatori.
Parallelamente, anche il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha avviato un’indagine per verificare la conformità del trattamento dati ai principi del GDPR. Al centro dell’attenzione: trasparenza, minimizzazione e base giuridica del trattamento, oltre alla possibilità per l’utente di comprendere o disattivare il servizio.
Il caso MetaAI si colloca in un contesto normativo europeo più ampio, che include GDPR, Digital Services Act, Digital Markets Act e AI Act, e potrebbe rappresentare un primo test per l’applicazione coordinata di questi strumenti. Al centro del dibattito vi è la necessità di preservare la neutralità competitiva e garantire un ecosistema digitale aperto, equo e pluralista.
Fonti: comunicato AGCM e articolo “Big tech AI, la minaccia invisibile ai diritti: il caso MetaAI su WhatsApp”, Agenda Digitale, vedi, immagini
 
				 
															


