Editoria audiovisiva, mercato, tendenze e sfide

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E’ stato presentato a Roma  “Il Sistema Audiovisivo. Evoluzione e dimensioni economiche. Rapporto 2025” a cura di E-Media e Istituto Bruno Leoni. Giunto alla 4° edizione, il rapporto è articolato in 2 parti: settore dell’editoria AV in Italia, mercato, tendenze e sfide, a cura di Emilio Pucci e due allegati tematici riferiti a produzione e circolazione dei contenuti delle piattaforme e tax credit.

Lo studio offre una valutazione del sistema della comunicazione/spettacolo (creative economy, v. sotto) italiano , stimato a 53 miliardi di euro (spesa lorda utente), all’interno del quale il settore audiovisivo  – anche definito “editoria audiovisiva”, capiremo poi perché, e costituito da  televisione, cinema, home video preregistrato – vale 15 miliardi di euro (28% sul totale)  con peso maggiore sul settore cultura (54%) e editoriale (47%). L’audiovisivo costituisce la componente principale del sistema editoriale e dell’intera industria della comunicazione e dello spettacolo, per dimensioni, reach (copertura della popolazione) e tempo di consumo attratto.

A partire dai primi anni 2000, organismi sovranazionali (come l’ONU, l’OCSE, l’Unione Europea ecc.) e tutti i governi dei paesi più avanzati hanno meglio definito l’importanza strategica delle imprese della Creative Economy e adottato politiche e interventi in materia, fra cui sviluppo di politiche di settore (sostegno, incentivi ecc.) inizialmente destinate solo al cinema considerato componente audiovisiva “nobile”.[…]  La consapevolezza è cresciuta anche in relazione alle radicali trasformazioni tecnologiche introdotte dall’ascesa e dall’ampia diffusione di piattaforme globali (extraterritoriali) dotate di estrema forza di mercato, in posizioni di quasi monopolio, in forte competizione con le industrie nazionali storiche e in grado di trasformare parte delle risorse di mercato in risorse, di fatto, non più contendibili”. (p.10 del rapporto)

LA SPECIALIZZAZIONE DELLE FUNZIONI EDITORIALI PERDE VALORE. Nel secondo capitolo il rapporto parla dell’evoluzione del sistema della comunicazione dalla prima globalizzazione limitata alla circolazione di prodotto cinematografico e audiovisivo, soprattutto USA (dal 1920 agli anni 2000), fino alla seconda, quando l’online ha permesso una fruizione per titoli (e non lineare) e la nascita di cosiddette global libraries/platforms (quali Netflix, Prime), che hanno iniziato ad operare sui mercati europei con servizi diretti. I trend più recenti vedono l’indicizzazione dei motori di ricerca e la condivisione di contenuti editati, modificati o auto-generati sulle piattaforme social (es. Youtube) disintermediare il rapporto di editori e creatori di contenuto con il pubblico, e svuotare di valore la specializzazione editoriale, e premiando tali funzioni ”meta o post editoriali” e creando un nuovo modello di business, basato su immediatezza, profilazione e valorizzazione dei contatti. Il tutto a scapito dei mezzi e le filiere “tradizionali”. La progressiva erosione delle risorse pubblicitarie che sostengono la produzione editoriale nazionale è cresciuta del 164% nella componente internet nei 5 anni 2017-2023, componente all’85% appannaggio delle big tech, indica il rapporto.

Questa trasformazione è radicale e lo diviene ancor di più quando sono le stesse piattaforme a produrre e distribuire, sviluppando una catena di controllo dei dati e delle preferenze delle utenze, in pratica un know how e una market knowledge che non è più accessibile agli operatori nazionali.Il fenomeno è per ora limitato alle tipologie dello scripted (Netflix, Amazon, Disney ecc.) e allo short form (Facebook, Instagram, YouTube, TikTok) ma tende ad estendersi anche ai grandi generi di flusso o di immediata, presidio storico dei broadcaster come le news, l’intrattenimento o lo sport” (p. 19).

Generi apparentemente a basse barriere di ingresso come le news e i current affairs, cruciali per la formazione della sfera pubblica, appaiono improvvisamente contendibili ed esposti alla rigenerazione anche ad opera della IA (news non verificate, fake).

Da una comunicazione publisher-driven si è passati ad una platform driven non sostenuta da regole né responsabilità connesse. Nel nuovo ambiente “neo-editoriale” manca la specializzazione nella produzione dei contenuti, si impongono le funzioni di piattaforma abilitante e di controllo del dato.

L’AUDIOVISIVO ITALIANO NEI BIG 5. Le evidenze sono che l’Italia è sottodimensionata rispetto agli altri mercati AV europei per:

  • investimenti pubblicitari, incidenza degli investimenti sul PIL (0,38 vs 1,37 (UK)
  • spesa annuale delle famiglie : 6,8% Italia vs 8,4% media UE 27
  • spesa pubblica in cultura, broadcasting editori, Italia 0,8% vs 1,5 (Francia)
  • costo canone:  90 euro in Italia,  169,5 euro nel Regno Unito, 220 euro in Germania  (Francia e Spagna hanno il finanziamento diretto).

In valori assoluti le risorse pubbliche destinate al settore audiovisivo (due componenti principali, ricavi da canone radioTV e altri sostegni a produzione e distribuzione AV) sono  sotto la soglia dei 3 mld di euro per Italia e Spagna, 5,1 miliardi per la Francia, 6,7 miliardi per il Regno Unito, e ben 10,2 miliardiper la Germania. Anche in termini di destinazione di risorse pubbliche pro-capite siamo ultimi con 48 euro, UK è doppio (98), con Germania 2,5 volte.

Il Sistema audiovisivo. Rapporto 2025 (cartaceo) è acquistabile, e scaricabile in formato PDF gratuitamente dal sito Istituto Bruno Leoni.

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