Resiliente, multipolare e sempre più orientata a ibridare il tradizionale broadcasting con lo streaming (“streamcasting”): sono queste le caratteristiche della televisione italiana, descritte nell’Annuario della TV 2024 “Multipolarità: Televisione e streaming verso il mercato maturo” realizzato da CeRTA (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) con i suoi partner, fra cui CRTV, “un quadro completo e dettagliatissimo, ricco di numeri, grafici e interpretazioni, su quella che resta la più importante industria mediale del Paese, la televisione” recita la nota stampa.
Confindustria Radio Televisioni è partner del progetto, al quale ha contribuito con dati sull’offerta Tv in Italia, insieme a Auditel, APA – Associazione Produttori Audiovisivi, Sensemakers, Comscore, Nielsen, UPA – Utenti Pubblicità Associati, eMedia e vanta il patrocinio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). L’annuario è stato presentata il 5 novembre in una lezione evento a Milano. Per l’Associazione è intervenuto Rosario Alfredo Donato, Direttore Generale.
I numeri, le finestre di opportunità e le criticità emerse dalle analisi dell’annuario sono state affrontate in due panel successivi, con sguardi distinti: nel primo, interpellati industry e ricerca, dopo l’esposizione di qualche dato di contesto aggiornato (si veda al riguardo il resoconto a questo link), si è parlato del “caso Italia” – la TV italiana tiene e cresce nei consumi del pubblico, un trend che è in controtendenza rispetto ad altri Paesi UE (Nielsen); della “criticità risorse” (economiche) per gli editori TV nel contesto digitale (Pucci, e-Media); e delle “criticità regolamentari/normative”, due gli esempi forniti da Rosario Donato – risorse frequenziali (la battaglia per mantenere l’uso esclusivo sulla banda sub 700 MHz, e prominence dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale che proprio oggi ha visto la riunione di insediamento del Tavolo tecnico permanente presso l’Agcom. Evoluzione tecnologica, risorse economiche e profili normativi regolamentari sono centrali per garantire la sostenibilità del settore.

Donato ha evidenziato la forza dell’offerta con 316 canali televisivi di cui 268 prodotti da editori nazionali, e ha parlato di un mercato vivace, ma al tempo stesso esposto alle pressioni competitive delle piattaforme globali, che sostanzialmente continuano ad operare con regole diverse rispetto al broadcasting tradizionale, creando un divario difficilmente colmabile: e da questo punto di vista la lentezza del legislatore nell’adattare le normative alle innovazioni tecnologiche rischia di compromettere la sostenibilità del settore. Uno scenario in cui la competizione è aumentata sia per l’ingresso di nuovi attori sia per l’evoluzione delle tecnologie e dove il concetto della televisione deve essere svincolato dall’apparecchio televisivo. In Italia ci sono 120 milioni di schermi, di cui 97 milioni connessi attraverso i quali è possibile fruire dei contenuti televisivi.
Nel secondo panel, con riferimento alle informazioni di scenario: Roberta Lucca (Rai) ha parlato di necessità di certezza di risorse per il servizio pubblico; Federico Di Chio (Mediaset) dell’opportunità, costruita da TV e investitori pubblicitari in Auditel, della misurazione della total audience (TV su tutti gli schermi) che darà il nuovo standard da gennaio 2025, e dell’urgenza di estendere una un’indagine trasparente e condivisa agli streamer; della necessità di coniugare tutte le anime (generalista, tematica, online e global), Aldo Romersa (Warner Bros Discovery). Gli interventi si sono poi concentrati sulla “cucina”, il dietro le quinte della programmazione lineare e non (streamcasting), che non è, non solo, distributiva, ma fatta di format, linguaggi, ideazione, marketing e design di un prodotto ibrido (user centric) che deve rincorrere tutti i pubblici con strumenti, anche di misurazione, appunto, all’avanguardia.
Il quadro che ne è emerso è quello di un mercato televisivo italiano, più che resiliente e con ampie opportunità di sviluppo; di una duttilità e imprenditorialità attiva del settore che è riuscita a conservare i pubblici tradizionali e aumentare i nuovi, con valori incrementali importanti sul digitale. Il mercato italiano in questo appare in vantaggio rispetto ad altri in Europa, perché ha saputo mantenere una centralità della televisione dal punto di vista dell’appetibilità di prodotto (offerta ricca e varia), pubblicitaria (quota di mercato, e, non ultimo, il nuovo standard innovativo di misurazione dell’audience) e nella filiera dei contenuti. Resta, per l’Italia e per gli altri mercati europei, la sfida della regolazione della competizione con gli operatori globali (streamer, OTT, social) e con capacità di investimento e distribuzione e penetrazione dei mercati inediti, operatori che sottraggono valore ai mercati nazionali e, soprattutto agli editori e all’audiovisivo: la regolazione non può più permettersi di segnare il passo. Nell’EMFA, come del resto in molti ordinamenti nazionali, si fa riferimento al valore aggiunto dell’essere editori (diverso da intermediario, host, aggregatore) che si riassume in un acronimo, SIG (servizi di interesse generale), termine riferito alle imprese audiovisive nazionali e al modello pubblico-privato europeo per i servizi audiovisivi. Servizi che si caratterizzano per la gratuità, l’accessibilità, l’inclusione, il pluralismo, la varietà e la qualità dell’offerta, l’affidabilità e la responsabilità dell’informazione, l’ investimento sostenuto e costante nell’industria creativa nazionale.
Sono questi i temi importanti da affrontare per il futuro. La televisione sta vincendo per ora la sfida della convergenza, ma serve alimentare questo abbrivio imprenditoriale con risorse proporzionate sul PIL di a da parte dello stato (è l’analisi di eMedia), un sostegno essenziale per evitare fallimenti di mercato esiziali per l’editoria, la cultura e l’intrattenimento. E promuovere interventi normativi e regolamentari che indirizzino verso una competizione equa e rispettosa delle industrie nazionali, degli investitori e soprattutto dei pubblici (più intelligenza editoriale e pubblicità, meno personalizzazione spinta da algoritmi e profilazione dei dati personali).
L’annuario è sfogliabile, previa registrazione, da questo link.


