“L’Italia non è una colonia. Servono regole eque per proteggere editori, giornalisti e pluralismo”
La nuova indagine avviata dalla Commissione Europea sul motore di ricerca riaccende il dibattito sull’uso dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali e dei sistemi di intelligenza artificiale. L’attenzione dell’UE si concentra in particolare sulla comparsa, sempre più frequente, di risultati generati dall’IA posizionati in cima alle ricerche e sulla possibilità che tali contenuti derivino da articoli giornalistici o materiali video – ad esempio da YouTube – senza che gli editori o i produttori originari ricevano compensazioni o autorizzazioni.
«Il problema del copyright riguarda il lavoro di ogni giornalista e di ogni editore» sottolinea Antonio Marano, presidente di Confindustria Radio Televisioni, intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio24. «Quando un articolo viene utilizzato dall’IA per elaborare risposte nelle ricerche, di fatto quel contenuto viene ceduto, senza che vi sia un riconoscimento dei diritti autorali, che rappresentano l’asset strategico del mestiere».
Marano allarga poi lo sguardo alle condizioni complessive del settore: «L’editoria vive una fase critica legata alle risorse. Nel mondo, tre OTT detengono oltre l’80% della raccolta pubblicitaria globale. Anche in Italia l’erosione è ormai inarrestabile: entro due o tre anni rischiamo che oltre 600 milioni di euro si spostino ulteriormente verso le piattaforme. Questo significa una crisi conclamata non solo per gli editori, ma per il lavoro dei giornalisti, per la libertà di informazione e per il pluralismo».
«L’Italia non è una colonia: per decenni editori, radio, tv e stampa hanno costruito il mercato pubblicitario nazionale, generando valore e occupazione», ha aggiunto, «non è accettabile che questa ricchezza venga prelevata senza riconoscere alcun ritorno. Le big tech non seguono le stesse regole degli editori: non hanno sedi legali nel nostro Paese, non pagano giornalisti, non rispondono civilmente o penalmente su ciò che pubblicano. Questa è concorrenza sleale».
Marano cita anche la web tax al 3%: «È una tassazione minima. Si aumenti o si destini agli editori: non è un dazio, è una forma di equità che tutela la libertà d’informazione e il diritto dei cittadini ad essere informati».
Un passaggio finale riguarda il rischio che le radio spariscano dalle automobili: «Alcune case automobilistiche stanno rimuovendo gli apparecchi radio e spingono l’ascolto solo tramite app. Come nelle smart TV, questo affida la scelta dei contenuti a preferenze preimpostate, limitando la libertà dell’utente. È un problema di uguaglianza e di accesso. Bene l’intervento dell’Agcom sulla numerazione TV; ora occorre attenzione del legislatore sul fronte radiofonico».
Per ascoltare l’intervista radiofonica, v. l’episodio “LE BIG TECH E L’EDITORIA, QUALE FUTURO?” all ‘interno del programma 24 Mattina – Le interviste, con Simone Spetia del 10/12/2025. L’intervista di Antonio Marano è a 20’26” circa dall’inizio, dopo l’intervento di Paolo Mieli.
