Audizione Confindustria Radio Tv alla Camera sul “decreto quote”

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Il Vicepresidente Selli: incomprensibile l’inasprimento degli obblighi nel nuovo contesto di mercato

 

Decreto quote. Si sono svolte ieri, mercoledì 8 novembre le audizioni informali da parte delle Commissioni riunite VII e IX della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo di riforma delle disposizioni legislative in materia di promozione delle opere europee e italiane (AG 469, delega ex art. 34 l.220/2016): per Confindustria Radio Televisioni  è intervenuto il Vice Presidente Stefano Selli, presenti anche il Direttore Generale Rosario Donato, Francesco Canini per Discovery e Gianluca De Matteis per Rai.

Selli ha ringraziato le commissioni per l’audizione e il lavoro che andranno a svolgere all’interno di un sistema garantista che permette la revisione del provvedimento, confermato anche nel dettato dell’art. 36 della L. 220/2016. Il vice presidente ha quindi indicato che lo schema di decreto legislativo presenta delle criticità importanti per tutti gli FSMA lineari, che veicolano attraverso CRTV una posizione condivisa anche oltre l’ambito di rappresentanza dell’Associazione (sono inclusi ad es. Walt Disney Italia, Sky, Fox). Ha inoltre sottolineato che tali criticità non erano presenti nelle precedenti formulazioni circolate del testo del decreto, né tantomeno erano state trattate nei tavoli di condivisione con gli stakeholder che si sono svolti con il MIBACT a partire dal 2015. Il vicePresidente ha ricordato come gli operatori televisivi avessero inizialmente condiviso il percorso della riforma iniziata dal Ministro Franceschini.
Come noto lo schema di decreto legislativo prevede la riforma dell’art. 44 Tusmar rivedendo la definizione di produzione indipendente, prevedendo accresciuti e insostenibili obblighi di programmazione ed investimento con  pesanti vincoli sui palinsesti tali da limitare la libertà di impresa, la totale assenza di flessibilità, nuove onerose sottoquote,il privilegio accordato solo ad alcuni generi di programmazione, un sistema di sanzioni a carico sproporzionato e punitivo, tali da rendere il decreto voluto dal ministro Franceschini il più oneroso al mondo per le emittenti in termini economici, di perdita di ruolo e di ascolti. “Si è persa l’occasione di aiutare il mondo della produzione audiovisiva senza contrapporla a quello della televisione con la quale esiste comunque un  buon rapporto imprenditoriale in quanto maggiori investitori nel settore” ha detto Selli, che ha aggiunto “La televisione italiana non ha mai chiesto a Bruxelles l’abolizione delle quote di programmazione e di investimento – nonostante il recepimento italiano più restrittivo della direttiva SMAV  (quote di investimento parametrate sugli introiti netti e non sul budget di programmazione e sommati (non alternativi) alle quote di programmazione –  e ha sempre sostenuto l’eccezione culturale”.
“Gli attuali obblighi previsti comportano a regime, un aumento degli investimenti obbligatori stimato fra i 3 e i 400 milioni di euro e l’introduzione, per effetto del passaggio al 60% di opere europee nel palinsesto delle tv, di un numero mostruoso di ore addizionali di prodotto europeo, tale da ridurre gli ascolti e quindi i ricavi per  prodotti di difficile reperibilità sui mercati internazionali. A ciò si aggiunga l’accresciuta concorrenza sui contenuti,  in un contesto di mercato in cui al calo degli investimenti pubblicitari e gli abbonamenti sulla tv, aumenta la concorrenza di operatori globali e della Rete del calibro di Netflix, Amazon e Google, per citare alcuni; in cui la pirateria ha raggiunto dimensioni inedite (su rete ma anche nuovi hardware), anche  sui prodotti di pregio come i film; e in cui il sistema televisivo italiano è portato ad affrontare un’altra transizione tecnologica (per il refarming della banda 700 a favore degli operatori mobili”. Selli ha anche accennato all’aumento delle sanzioni, sproporzionate. Gli obblighi tutti appaiono di difficile applicazione e non a beneficio del settore, che in ultima analisi se viene penalizzato nella componente dei maggiori investitori, la tv, soffre nel complesso. Le richieste dell’Associazione, che chiede una revisione dell’articolato, sono riassumibili semplificando in flessibilità: nella fascia 18-23 (base annuale), negli obblighi di investimento (su base triennale), nei generi, nelle sanzioni e nell’eliminazione degli aumenti di quote e sottoquote.

Per vedere il video dell’audizione clicca QUI

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