Prominence, passaggio al DAB+, nuova misurazione degli ascolti: l’incontro “Da Marconi al DAB: la radio nell’era digitale” che si è svolto a Milano, ha visto un dibattito sui grandi temi del futuro della radiofonia, partendo dai suoi punti di forza e dall'”abbrivio” che viene dal varo di Audiradio e del nuovo impianto dell’indagine. Il mezzo gode di buona salute, lo hanno confermato tutti gli intervenuti, ma ci sono priorità e urgenze, in ambito regolamentare e normativo e sono necessarie iniziative dell’industria per trasformare i margini di opportunità in sviluppo nel contesto digitale.
Il dibattito si è articolato in due tavole rotonde – “Le sfide tecnologiche per la radio: Prominence e sviluppo della piattaforma DAB” e “Le nuove sfide di mercato per la radio: l’ascolto radiofonico in Italia” – entrambe moderate da Andrea Biondi, giornalista del Sole 24 Ore, alla presenza di due Commissari Agcom, Laura Aria e Massimilano Capitanio, e una serie di stakeholder del settore. Per Confindustria Radio Televisioni è intervenuto il Direttore Generale Rosario Alfredo Donato (programma).
Massimiliano Capitanio (Agcom), interrogato sulle iniziative Agcom per la radiofonia ha citato l’indagine conoscitiva indetta da Agcom a settembre, “che è molto più di una semplice consultazione poiché intende mappare le esigenze e le sfide del mercato a valle di quanto deciso nel 2022 (PNAF DAB) dal punto di vista delle criticità regolamentari e normative (potere di interlocuzione dell’Agcom con governo e parlamento, ove necessario) e lato industria“. Se il DAB è “un’opportunità, una sfida, ma soprattutto una prospettiva” per la radio, “la prominence è forse la sfida più delicata“, ha aggiunto Capitanio, “perché è in gioco l’informazione e la democrazia“. Anche qui il tavolo che si aprirà a breve per radio e tv (5 dicembre, ndr) , “intende distinguere fra uno scenario che vedrà il cittadino attivo e consapevole di quello che sceglie, e il consumatore passivo guidato da algoritmi” etero-diretti. La prominence è lo strumento che deve permettere di poter scegliere fra una radio, espressione di editori responsabili, e offerte selezionate sulla base di accordi commerciali, ha concluso.
Per il DAB, oltre ai passi da compiere per recuperare i ritardi accumulati – dal 2009, solo nel 2022 si è approvato il Piano DAB (che per alcuni aspetti potrebbe essere in parte superato, ha detto Capitanio) – le risorse frequenziali sono state al centro del dibattito: mancanza di frequenze disponibili per le radio locali; mancanza di “certezza di risorse”, per garantire una copertura e offerta capillare su tutto il territorio, incluse le minoranze linguistiche, per il servizio pubblico che è molto indietro rispetto ai privati nella copertura (ma esiste un piano di investimenti in due anni, che partirà a gennaio, per recuperare, ha detto Stefano Ciccotti, Rai); e risorse interferenti, la questione del versante adriatico, che vede coinvolti in una negoziazione lunga e complessa i molti Paesi radio-elettricamente confinanti con l’Italia. Si è parlato anche della necessità di monitorare, oltre alla copertura, l’adozione dei ricevitori digitali, di non parlare di switch off FM /DAB, ma di “accompagnamento del mercato, attraverso una comunicazione del servizio evolutivo ai cittadini e a tutela degli investimenti infrastrutturali” ha detto Sergio Natucci, Dab Italia. “Il DAB è l’evoluzione naturale dell’FM, ma solo quando quest’ultima tecnologia diventerà obsoleta (anche altri Paesi più avanti nel processo di transizione sono cauti nello spegnimento)“, ha aggiunto. Si è parlato inoltre della necessità di intervenire sulle norme (il codice delle comunicazioni elettroniche UE e il suo recepimento) per ristabilire la ricezione broadcast all’interno dei luoghi di ascolto di elezione della radio, come gli autoveicoli, anche commerciali (questi ultimi UE, non Italia), i ricevitori di fascia bassa, nonché tutti i device connessi: “broadcast significa infatti mantenere l’accessibilità di un’offerta completamente gratuita per l’utente(neanche consumo dati), di servizio e di sicurezza” (Anna Maria Genzano, EuroDab).
Laura Aria (Agcom) è intervenuta sulle sfide del mercato, in tema misurazioni dell’ascolto radiofonico e JIC, ricordando che L’Autorità si è espressa a favore di un organismo di rappresentanza di tutti gli stakeholder del mercato (JIC), già da un atto di indirizzo nel 2006 (del. 85/2006): “il JIC implica una condivisione ex ante di tutte le problematiche relative alla misurazione fra tutti gli operatori del mercato, garantisce trasparenza, veridicità, affidabilità, equità e dà una misura del pluralismo, nel caso della radio elemento che rende il settore radiofonico particolarmente ricco e resiliente“. Nel 2021 un atto più importante sulla misurazione degli ascolti dei media nel contesto digitale e multipiattaforma, ha proseguito, ha richiesto di evolvere verso un sistema consumer centric e con metriche razionalizzate. Il lavoro della TV è partito prima e ha fatto grandi progressi, Audipress e Audiweb sono confluiti in Audicom; la radio, dalla recente costituzione di Audiradio che ha incluso accanto a TER (editori radio) la componente degli investitori (Upa e Una), “ha fatto passi da gigante in poco tempo. Il modello Audicom è stato adottato dalla UE (EMFA)“, ha aggiunto, “e l’ascolto della radio verrà inserito in questa razionalizzazione“.
Ha ringraziato tutti i soggetti che hanno contribuito a creare il JIC Audiradio, “con grande consapevolezza e senso di responsabilità del mercato e scelta rapida (in soli 6 mesi) di una ricerca innovativa” Antonio Martuscello (Audiradio). La nuova indagine che si avvia nel 2025 (si v. articolo dedicato), ha proseguito, coniuga lo strumento tradizionale della CATI (strumento dichiarativo ancora comunemente adottato nella maggior parte dei Paesi UE, come testimoniato da EGTA e EMRO), affiancato da un apporto tecnologico (censuario e SDK) che rende l’indagine ibrida, e in grado di monitorare anche il valore aggiunto della radio costituito dai nuovi contenuti e la declinazione social. Il Presidente di Audiradio ha parlato anche di maggiori investimenti nella ricerca, maggiore qualità (200.00 interviste), due stream diversi (120.000 locali, 80.000 nazionali ), con minore sollecitazione di radio e una riduzione delle interviste erogate con maggiore qualità e profondità delle stesse.
Il convegno ha offerto la possibilità al Direttore Rosario Alfredo Donato di anticipare qualche dato dall’Osservatorio Radio CRTV, di prossima pubblicazione, che nell’edizione 2024 toccherà diversi Paesi europei: fra le maggiori rilevanze dell’Italia nel contesto comparato spicca il pluralismo (alto numero di operatori nazionali e locali, bassa concentrazione), e i margini di crescita del sistema a livello di risorse (fatturato generato dal settore). Buoni gli ascolti e la reach, alti gli investimenti in infrastrutture (reti DAB e FM), bassa la vendita di ricevitori DAB, alti in generale i costi e bassi i margini per gli editori: su questi elementi si gioca la sostenibilità del business e lo sviluppo. Su questi temi, e su quello, cruciale, della prominence, deve lavorare il settore.
Sulla prominence e la necessità di collaborazione a livello di sistema radio, l’intervento di Massimiliano Montefusco (RDS) ha permesso di sottolineare l’aspetto importante dell’esistenza di un operatore, Radioplayer, che aggrega l’offerta radiofonica italiana offrendo controllo agli editori dei propri metadati utilizzabili a fini di arricchimento dei contenuti e pubblicitari; standardizza una interfaccia ibrida; e si propone, con le sue ramificazioni in Europa e oltre, come interlocutore unico per l’automotive, le piattaforme, i wearable e in generale i dispositivi connessi su cui può essere trasportata la radio. Paolo Salvaderi (RadioMediaset), ha sottolineato che “l’industria, tutta, operatori privati e pubblici, deve rafforzare l’impegno per rilanciare il settore, ma la politica deve offrire le “rotaie istituzionali” che facilitino un percorso di sostenibilità“. “La radio è uno strumento sempre più complesso, che richiede continui adeguamenti del modello di business, si pensi a quanto fatto durante il Covid, che ha insegnato che la radio si cerca su tutti gli entry point,” ha detto Federico Silvestri (Sole 24 Ore): ma ogni declinazione che significa evoluzione ed investimenti. Francesco Pionati (Rai Radio1) ha detto che seppur appare apprezzabile il mantenimento di sistemi tradizionali di rilevazione, come la CATI, è opportuno guardare al nuovo, per i possibili bias dei sondaggi e per utilizzare strumenti che permettano di mappare tutti i nuovi ascolti digitali. Francesco Dini, Elemedia la concorrenza con le piattaforme audio è un problema che il settore si è sempre posto, non a caso “tutti gli operatori pubblici e privati, hanno mostrato che quella che viene chiamata resilienza, è qualcosa di più, ossia la capacità, come nei vasi comunicanti, di occupare tutti gli spazi nuovi che si aprono a livello di tecnologie e di prodotto (si pensi al podcast che sembrava prerogativa delle piattaforme e oggi quelli più ascoltati sono i podcast delle radio). L’integrazione tra CATI e SDK rende la nuova ricerca Audiradio moderna, ha aggiunto, “il meter fa parte del passato, non riesce a cogliere l’ascolto in mobilità, mentre gli ascolti digitali che si elaboreranno su device e piattaforme attraverso lo strumento dell’SDK in particolare permetteranno di mettere in luce anche un altro asset fondamentale della radio, il rapporto con il proprio pubblico fidelizzato, che spesso attraversa diverse generazioni“.
Tutti gli interventi hanno convenuto che la radio, intesa come “broadcast” (affidabilità, impresa, creatività, investimenti, sicurezza, gratuità), va salvaguardata, ma anche promossa come brand distintivo in uno sforzo di collaborazione di sistema.
Qui il link al video dell’evento, completo, e singoli interventi, ripreso da Radio Radicale.
